Quando si dice olio di oliva si sta comunicando un concetto più ampio del semplice prodotto, ci si riferisce ad una cultura, a delle abitudini ad uno stile di vita, alla genuinità e al benessere, si sta esprimendo quindi un immagine di positività.
Ma approfondendo l’argomento è importante conoscere tutti i tipi di olio di oliva, le caratteristiche, la riconoscibilità, in modo da dare a quel concetto un significato più dettagliato e argomentato.
Solitamente – e nel rispetto della legge – ogni bottiglia, latta, contenitore di olio di oliva deve avere la propria etichetta completa di informazioni sull’olio e sulla sua provenienza.
Quanto si conosce però delle varietà di olio di oliva?
Si definisce olio di oliva quello ricavato attraverso estrazione meccanica o fisica con alcune eccezioni, tutto l’olio ricavato dal frutto dell’oliva proveniente dall’albero dell’ulivo, questo poi viene classificato in diverse categorie che dipendono strettamente dalle caratteristiche chimiche e organolettiche.
Infatti una divisione più esplicativa può essere condotta in questo modo:
(è fondamentale sottolineare che questa denominazione di natura commerciale è frutto della normativa europea, dunque sovranazionale, per quanto attiene agli standard qualitativi ad oggi non ne esistono di universali, ne consegue che ogni nazione tende a fare propri gli standard che più si avvicinano alle specificità delle sue produzioni locali)
L’olio extravergine di oliva ha un’acidità inferiore a 0,8 ed è ricavato mediante estrazione con metodi esclusivamente meccanici.
L’olio di oliva vergine ha un’acidità inferiore a 2 ed è ricavato mediante estrazione con metodi esclusivamente meccanici.
L’olio di oliva raffinato ha un’acidità inferiore a 0,3 ed è ricavato mediante bilanciamento e rettificazione degli oli di oliva lampante con metodi chimici e fisici e con una successiva fase di raffinazione.
L’olio di sansa di oliva raffinato ha un’acidità inferiore a 0,3 ed è ricavato attraverso una prima fase di estrazione tramite solvente delle sanse ed una seconda fase di raffinazione.
Che cosa differenzia quindi l’olio di oliva extravergine e vergine da quelli raffinati, oltre al tassi di acidità?
Innanzitutto la caratteristica che meglio evidenzia le due macrotipologie è la parte dell’oliva che si utilizza per la spremitura. Le sanse e quindi anche gli olii raffinati sono ottenuti spremendo un’oliva dalla quale si è già ricavato olio vergine ed extra vergine ma poiché ne avanza sempre mediamente un quantitativo che oscilla tra il 6% e l’8%, che lavorato ulteriormente andrà a dar vita all’olio di sansa, il residuo si utilizza per le sanse. Dunque la qualità delle olive, la loro coltivazione, è sempre di alta qualità, ma per dirla in maniera semplice: il meglio del meglio si ha nella prima spremitura.
Ma oltre le specificità tecniche, cosa vuol dire esaminare le caratteristiche sensoriali dell’olio di oliva? Ovvero come può un consumatore, o un estimatore, distinguere un buon olio?
Tutto questo si può desumere con una pratica che si chiama degustazione, non può essere improvvisata, ma deve essere guidata e condotta attraverso parametri ben precisi, e necessita comunque di una graduale esperienza che si può acquisire solo assaggiando con criterio.
Nell’ultimo periodo sempre più giovani (e meno giovani) si avvicinano a questa motivante esperienza che riconnette con i sapori e l’amore verso la terra, grazie anche a molti esperti che mettono a disposizione la propria conoscenza in materia.
Come avviene una degustazione?
Prima di tutto si deve versare una quantità modesta di olio che avrà una temperatura di circa 28 gradi in una coppa trasparente, che verrà subito avvolta con il palmo della mano in modo da non disperderne il calore. La degustazione può avere inizio avvalendosi del senso della vista, dell’olfatto e del gusto.
La peculiarità alla quale bisogna prestare attenzione è quella della purezza, a rendere un olio davvero buono è l’assenza di eccessive sospensioni e grumi, quindi agli occhi apparirà come limpido e fluido, privo di sostanze galleggianti. Inoltre il colore deve andare dal verde al giallo dorato o al giallo paglierino, l’olio extra vergine è solitamente più tendente al verde. Ma che sia verde o giallo questo non ne denota una differenziazione qualitativa piuttosto un sintomo della località di produzione, a seconda dei terreni, del clima, della zona, varia anche la tipologia di oliva che si ottiene. Diversamente quando il colore dell’olio si avvicina alle sfumature del rossastro o dell’arancione questo vuol dire che si tratta di olii particolarmente raffinati e lavorati, non di alta qualità.
Il secondo senso da attivare per giungere a una valutazione dell’olio è l’olfatto; è necessario avvicinare il bicchiere al naso abbastanza lentamente, e odorare in modo breve e ripetuto, piccole inspirazioni cadenzate. L’odore potrà essere sfuggente, ovvero pervadere le narici un attimo per poi disperdersi, intenso, nel caso in cui si introduca prepotentemente nel naso, delicato se non è invasivo ma si fa spazio gradatamente, fine quando seppur intenso nella durata sembra non espandersi, fruttato qualora assieme all’odore dell’olio si avvertono note di mandorle, di pomodoro o di fiori, rancido o sgradevole se si sente qualcosa che somigli alla muffa, al metallico e al rancido (tutti indicatori di un olio scadente o comunque conservato molto male). Al contrario invece un olio di oliva di ottima qualità si distingue per le sfumature fruttate, il misto di odori che offre: quello extravergine infatti presenta con se molto spesso aromi di altra natura che possono andare dal carciofo alla mandorla fresca. In tal caso sarà complicato sbagliarsi: l’olio è quello giusto.
Il terzo e ultimo senso al quale affidarsi è quello fondamentale del gusto. Occorre assaggiare una quantità modesta di olio, trattenerla in bocca per quindici secondi senza deglutire, ma anzi facendolo roteare attorno alla lingua per eliminarne eventuale sostanze definite volatili (non appartenenti all’olio stesso). Ecco, in questa fase i sapori saranno diversi e talvolta contrastanti, avvertiti in scala, può essere che lo stesso olio sia dolce all’inizio e amaro dopo poco, è quello che tecnicamente si chiama retrogusto che non di rado è più importante del gusto stesso. Qui vale la stessa regola di base dell’olfatto, ovvero bisogna percepire il fruttato per definire se un olio è davvero di buona qualità; il sapore di carciofo, mandorla, qualche nota floreale non deve però mai sovrastare quello dell’oliva ma solo accompagnarlo. L’olio extravergine solitamente lascia questi sapori in bocca, ciò che può variare è il livello di piccantezza, quella sfumatura di acre o meglio di aspro (che di solito si accosta a un olio di colore verde), ma può dipendere dalla zona di provenienza.
Dopo una serie di degustazioni e con un pizzico di intuito comprendere la qualità dell’olio sarà una soddisfazione personale.